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martedì, giugno 05, 2018

Quella necessità di tornare a sporcarsi le scarpe con la terra di Calabria.

Quella necessità di tornare a sporcarsi le scarpe con la terra di Calabria.

L'omicidio di Soumaila Sacko avvenuto nella piana di Gioia Tauro ha fatto magicamente ricordare a molti di noi (tutti no, tanti fanno e faranno finta di nulla) che nel nostro paese esistono ancora situazione di schiavitù dei lavoratori e di degrado profondo.

Perché sarebbe utile tornare a sporcarsi le scarpe con quella terra? Perché farebbe bene a tutti, ed in particolare a chi vuole fare politica a sinistra e quindi dalla parte degli ultimi, alzare il culo dagli uffici e gli occhi dai tablet per provare a riallacciare il legame con il paese reale che, spesso, a sentirsi dire che molti drammi sono una fake news s'incazza.

Chi scrive ha avuto l'occasione si passare lì un mese nell'estate 2006 con i campi di lavoro sui terreni confiscati alle mafie organizzati dalla Regione Toscana e dall'Arci.

Un mese non è certo sufficiente a capire tutto di quei luoghi ma è sufficiente per comprendere la difficoltà di chi si impegna nella politica sana in mezzo a quegli agrumeti interrotti da case bunker con muri alti 3 metri e devastati da un porto piazzato lì più come "mancia del potere" che come strumento di sviluppo.

Fra i tanti incontri fatti in quei giorni, da Don Pino Demasi di Libera all'ex sindaco e parlamentare comunista Giuseppe Lavorato (leggete per favore la sua scheda su Wikipedia) si capiva l'esigenza di una mobilitazione e di un lavoro continuo in difesa degli ultimi e degli sfruttati...

Adesso abbiamo un governo che ha costruito il suo consenso rivolgendosi ai penultimi e che continuerà a farlo, tocca a noi ricostruire la nostra presenza lì, con umiltà e voglia di capire.

Facendo un tweet in meno e leggendo qualcosina in più.